Notizie e comunicazioni
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di Vera Martinella
MILANO - Maria Assunta ha 46 anni, vive sola a Palermo ed è «forzatamente» in aspettativa non retribuita: sta lottando per tenersi il lavoro come infermiera professionale che un tumore al seno potrebbe farle perdere. Giovanni, invece, è già stato licenziato. Anche lui ha 46 anni, una moglie e due figli. Abita a Roma, dove faceva il cassiere in un supermercato finché non si è ammalato di un carcinoma ai polmoni.
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Quest'anno l'assemblea annuale di ANGOLO si svolgerà a Carpi il 18 Aprile. In coda all'assemblea, un convegno dal titolo "Bellezza come luogo dell'anima".
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LA LEGGE 30
Il cambiamento di approccio nel delicato settore dei diritti dei malati oncologici ha una simbolica data d’inizio: è il 2003 quando, per la prima volta, all’interno della Legge 30 (meglio nota come Legge Biagi) viene inserita una norma che, per la prima volta in Italia e in Europa, prevede la possibilità, per tutti i malati di cancro che lavorano nel settore privato, di chiedere e ottenere la temporanea trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in un rapporto a tempo parziale, per poi tornare all’orario completo una volta superata la fase critica della malattia.
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Mercoledì 25 marzo 2009 una delegazione della FAVO (ANDOS, AILAR, AISTOM, FINCO, ARVMV) e AIMAR (Associazione Italiana Malformazioni Ano Rettali) guidata dal Vice-presidente nazionale il Cav. Francesco Diomede, è stata ricevuta in audizione dal Dr. Del Favero, segretario del Ministro Sacconi.
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di Cristina Ferrario
La diagnosi precoce, i miglioramenti delle tecniche chirurgiche e farmaci sempre più efficaci hanno fatto aumentare notevolmente il numero delle persone guarite dal cancro o che, dopo opportune terapie, con il cancro convivono per molti anni. Solo nel nostro Paese le persone con un’esperienza di tumore sono oltre un milione e 700 mila e nei prossimi anni queste stime sono destinate a crescere: nel 2010 si supererà la soglia dei 2 milioni. È cambiata dunque la prospettiva: il malato oncologico non è più una persona che deve pensare solo a sopravvivere alla malattia, ma un individuo che deve avere la possibilità di continuare a vivere una vita di qualità sotto tutti i punti di vista, da quello clinico a quello psicologico e sociale.