Cosa mi porto dentro? Gli occhi pieni di gratitudine ed amore dei pazienti a cui la vita ha tolto tanto.
Episodi potrei raccontarne tantissimi... Come l'ultima volta che ho accompagnato Ciccio, un signore sull'ottantina di un quartiere periferico di Palermo (Brancaccio), un uomo all'apparenza tutto d'un pezzo, taciturno e strabordante di dignità che ha mostrato le sue fragilità sciogliendosi in un abbraccio e in un pianto che mi hanno insegnato che la vulnerabilità è umana e nessuno ne è esente, mai. Riusciva a non dire nemmeno una parola nelle ore passate nell'intenso traffico palermitano, ma non dimenticava mai di portarmi dei biscotti alle mandorle fatti dalla moglie.
Poi Tano, il cantastorie barzellettiere, con lui il tempo in auto volava perchè non c'era un solo momento in cui non sapeva cosa dire, mi ha insegnato la storia di Palermo tra realtà, miti e leggende. Il mito della chiesa dei Decollati, dove passò Garbaldi ed ancora dove curavano i lebbrosi. Un mix di cultura e simpatia, innamorato della vita, dei viaggi in Caravan e della sua famiglia. Ancora Gilda che mi chiama Fefina, Fefuccia, Fefa, una donna piena di vita e cicatrici che non le hanno tolto il sorrriso.
E poi Piera l'anima più bella e buona che abbia incontrato durante questo viaggio, mi dice sempre che sono stata il suo angelo custode, che sono arrivata in un momento in cui aveva smesso di credere nel mondo e che la mia energia l'ha salvata. 35 giorni di radioterapia ed ormai il nostro rituale. Io che arrivo, abbasso il finestrino ed urlo: Taxiiiiiiii, lei si avvicina e risponde: Bologna 42? Ed io sì. Non gliel’ho mai chiesto ma chissà cosa ha lasciato a Bologna per desiderare così tanto di tornare...
Ai miei pazienti voglio dire per una volta io soltanto GRAZIE, siete state il mio arcobaleno dopo la pioggia, il modo attraverso cui ho ristabilito l'equilibrio nel mio mondo interiore, mi avete curata lasciandovi curare, Vi siete presi cura della parte più profonda di me senza saperlo.
Vi voglio bene, Fede.